venerdì 13 giugno 2014

Parto da qui. Oltre i bimbi nascono le idee.


Al primo sono arrivata ingenuamente preparata e l'ho sfangata. Con l'entusiasmo della novellina e il supporto biologico di un corpo under 30. Un'infarinata di yoga, tanta fiducia basata sul nulla, il fermo rifiuto di avere un ago nella schiena (perché sono una pavida, non certo per certezze ideologiche) e, con ogni probabilità, una gran botta di culo. "Possiamo rifarlo" ho detto a un marito che ancora si stava riprendendo dallo shock.
Al secondo, 5 anni dopo, sono arrivata corazzata. Terrorizzata dalla fama della sanità inglese mi sono presentata in ospedale fermamente convinta che più facevo da sola maggiori erano le possibilità di cavarmela. E questa è stata una benedizione perché in effetti da soli ci hanno lasciati un bel po'.
Come ho già detto altrove, essere fortunate è essenziale. Ma essere preparate lo è di più.
Sono sempre stata un filino accentratrice, inutile negarlo. Precocemente sicura che le cose a volerle vedere fatte bene sia il caso di farsele da soli: questo lato di me non ha mai contribuito granché a rendermi simpatica, e però si è fatto perdonare tutto alla nascita di entrambi i miei figli.
E' stato questo loro arrivare dal nulla della mia pancia a farmi mettere in discussione radicale me stessa. Ero io qui ad accoglierli. Poteva andargli peggio, ok, ma francamente anche parecchio meglio. Una più sicura, o che almeno sapesse da che parte girarsi, non sarebbe stato difficile trovarla.
Preparata non lo ero e lo avrebbero scoperto presto. Avrebbero forse apprezzato trovare molta buona volontà e parecchia fiducia. E il primo pezzo di strada insieme lo avremmo fatto nel canale dentro di me.

A pensarci davvero, ma seriamente, a visualizzarlo che cos'è quel venire al mondo uscendo dalle nostre pance...a me son sempre venute le vertigini.
Essere la soglia del nulla mi ha sempre fatto un certo effetto. Che da quel nulla poi non solo sarebbero usciti esseri viventi ma sarebbero pure stati figli miei è stato un tarlo di una certa potenza.
E mentre partorivo il tarlo è rimasto lì a farmi compagnia.
E' stato proprio dal parto che Olivia e Tommy mi hanno costretta a misurarmi con i miei mezzi, capire cosa potevo fare davvero di tutto quel gran spaccare montagne cui mi sentivo destinata da bambina. E come da testa dura che mi ritrovo, io volevo fare da sola. Nei tanti racconti cruenti e drammatici che sempre precedono ogni parto, contribuendo non poco a perpetuare il deleterio e controproducente terrore con cui lo affrontiamo, a me pareva di trovare sempre un lato in comune: ci si aspettava qualcosa dagli altri. Ci si aspettava che fosse il medico o l'ostetrica a guidare la cosa. Sono sempre stata molto brava a sbagliare da sola.

Non che poi abbiano smesso di mescolarmi e rimontarmi, eh, ma qui si parla del momento preciso del parto; uno dopo l'altro, i miei figli mi hanno insegnato lati essenziali. Mi hanno ricordato che gran papà che ho scelto per loro. Volevo fare tutto da sola, sì certo come no, ma il famigerato "muro" (quel momento fisiologico in cui pensi solo di voler morire) ho comunque dovuto superarlo. E lui mi ha dato una bella spinta.
Mi hanno insegnato che ce l'avevo la forza di chiudere fuori il mondo, che non solo è cosa davvero utile a partorire ma contribuisce anche molto a non farsi infastidire dalle interferenze della vita. La forza di spegnere il cervello. Che Eva credo sia stata condannata a partorire con dolore perché ha mangiato l'albero della conoscenza, cioè ha iniziato ad usare il cervello, mica per altro. E' il cervello razionale, quello stesso così utile e insostituibile in tante ovvie situazioni, a rendere il parto il casino che è. Da sempre abituata a un cervello con criceto ipercinetico che mi toglieva il sonno oltre che la serenità, è stata una gioia scoprire che neutralizzarlo fosse possibile e persino utile.
C'è una parte di noi che abita dove le parole non servono, prova cose che le parole mai e poi mai sapranno contenere. E' lo stesso luogo che abita il neonato, biologicamente incapace di logica e al contempo, proprio per questo, capace di provare emozioni di un'intensità che noi adulti raramente riusciamo a replicare. Mentre i miei figli nascevano ci siamo incontrati proprio lì, le chiavi le avevano loro.

Il primo luglio finisco il corso per qualificarmi come insegnante di Hypnobirthing. Uno dei miei molteplici piani B, gemello del mio bambino.






9 commenti:

  1. sai che al primo parto a me è successo di essere rimasta da sola per un po'? sola con lui, e un po' anche da sola sola. c'era un cesareo d'urgenza e il mio travaglio sembrava procedere lento, blando ed inefficace.
    e invece ha preso a galoppare proprio in quel po' di tempo in cui non c'era nessuno a chiedermi, parlarmi, spiegarmi. e io sentivo male, sì, ma non sapevo che male fosse, se si trattasse di un dolore decisivo ed efficace o ancora solo l'anticamera di quello "giusto". lo vivevo, lo lasciavo attraversare il mio corpo e fluire altrove ad ogni contrazione che poi sfumava. il non dover interagire mi ha effettivamente dato la possibilità di essere presente solo a me stessa. ed essere presente a me stessa in quel momento significava lasciarsi andare e finire col non essere più nemmeno tanto presente. e io credo che tutto sommato sia stato un bene, sono arrivata al parto stanca ma con la convinzione che poteva essere molto peggio di così, che tutto sommato, tranne il momento in cui "muori", non era stato poi così doloroso.

    sproloquio mio a parte, bello leggere questi tuoi pensieri. auguri per il piano b!

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    1. L'ho letto il tuo bellissimo racconto...!
      Guarda, su sta cosa dell'essere lasciati soli non si insisterà mai abbastanza... sembrerà un paragone ardito ma secondo me è un po' come un rapporto sessuale: chi di noi potrebbe averne uno decente con intorno persone che continuano a interrompere e farci parlare?
      sempre belli i tuoi sproloqui e molto benvenuti!

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  2. Per fortuna sei tornata.....immaginavo che stavi covando uno dei tuoi piani B ! E' bellissimo ascoltarti ...leggerti

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    1. Carina Filly che mi riaccogli e mi leggi sempre festosa. Grazie di cuore!

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  3. Mi rivedo nelle tue parole, tutte, io iperrazionalizzatrice faccio da me non mi scocciate! Saranno gli studi filosofici... o probabilmente quelli sono indice che ci poniamo sempre un sacco di domande, anche troppe?

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